Il sogno di Aldo era il mulino. Ora è un’impresa “bio”

Gabriele Martini | La Stampa – 12 luglio 2013
«In Italia lamentarsi è una moda, non se ne può più. Il lavoro c’è, eccome. Basta saperlo vedere.» Aldo Bongiovanni è uno spilungone di trent’anni con la risata timida. Lui il lavoro l’ha visto nel mulino attorno a cui scorrazzava in bici da bambino nella campagna cuneese. In dieci anni ha trasformato la storica attività di famiglia in un’azienda di successo: «Il mondo cambia, le abitudini della gente pure. Il segreto è lasciarsi contaminare». In principio è una suggestione: la macina di pietra. Ne aveva una il nonno, fino al 1952. Poi l’aveva abbandonata per quella a cilindri.
Nel 1967 le redini dell’azienda passano al padre. Ma nel 2001 il mulino sembra destinato a chiudere: i panettieri chiedono farine sempre identiche, che la produzione artigianale non può garantire. «Un giorno andai da mio padre e gli dissi che volevo far rinascere l’azienda con un mulino a pietra.
La risposta fu: “Tu sei matto, l’hanno tolto tutti”».
Finisce che i soldi glieli dà la madre: 10 milioni di vecchie lire. Il ragazzo scappato presto dai banchi di scuola lavora sodo. Il boom del biologico gli regala nuovi clienti.
La svolta arriva con Internet e un’idea a suo modo rivoluzionaria: perché accontentarsi di vendere all’ingrosso se si possono offrire prodotti ai singoli consumatori? Nella stanza spedizioni un operaio prepara lo scatolone per Francesco da Napoli: dentro fiocchi per la prima colazione, farina di mais, glutine per l’autoproduzione di seitan e un vaso per coltivare semi. Il pacco di fianco va a Verona.
Ne partono fino a 120 al giorno. La Bongiovanni vende circa cento tipi diversi di farina, da quella di canapa a quella di castagne garessine. Poi ci sono semole, cereali, legumi, muesli, cous cous, impastatrici, kit per la birra, essiccatori. «L’azienda funziona perché accontentiamo le nicchie: il celiaco, il vegetariano, il vegano – Racconta Aldo sotto il cappellino alla Vasco – E riusciamo ad offrire prezzi competitivi». Il mulino è a Villanova di Mondovì, dove le colline monregalesi si fanno pianura. È (ex) provincia produttiva: campi, capannoni (spesso vuoti) e villette. «La crisi morde anche qui, ce la fa solo chi sa reinventarsi”. Il fatturato 2012 della Bongiovanni & C è stato di un milione e 800 mila euro: «più 40% in dodici mesi e quest’anno supereremo i due milioni». Il merito è anche della sorella Micaela: «Io sono il sognatore, lei quella con i piedi per terra».
Oltre a loro ci sono sette dipendenti. Oggi il 60% degli introiti arriva dalle vendite via Internet. Aldo cura un blog salutistico (fysis.it), un e-shop di prodotti naturali (tibiona.it) e il sito del mulino. Su Facebook i clienti chiedono consigli sull’impasto del pane, Lui risponde a tutti, dispensa ricette e offre coupon di sconto. L’ultima rivoluzione dei Bongiovanni è stato trasformare il vecchio mulino in una mini-centrale idroelettrica. «Grazie alla turbina e ai pannelli solari abbiamo azzerato le bollette. Anzi, l’azienda consuma 60 kilowatt/ora, noi ne produciamo 85 e rivendiamo l’eccedente alla rete». Nell’ufficio spartano c’è una foto del Dalai Lama. La crisi italiana, vista da questa Disneyland degli sfarinati biologici, somiglia a una malattia dell’anima: «Se guidi un’azienda non puoi permetterti di essere triste. Troppi imprenditori sono travolti dalla routine». La ricetta di Aldo è semplice: «Bisogna trovare l’energia per imparare, aggiornarsi e innovare.
Allora sì che le idee spuntano come funghi».