Mangiare a colori

Per un approccio steineriano alla cucina
Si sa, l’atto quotidiano più banale e scontato, quello di nutrirsi, coinvolge la nostra persona in modo profondo e radicale, dall’aspetto psicologico a quello neuronale. Le trasformazioni quasi “alchemiche” del cibo in sostanze nutritive influenzano l’umore, e viceversa il nostro stato d’animo influenza la scelta del cibo. Endorfine, serotonina e altre sostanze prodotte naturalmente dal nostro organismo regolano il nostro livello di benessere e ci spingono a cercare un equilibrio.
Fin qui l’approccio tradizionale che si basa, giustamente, sulla chimica e sull’analisi psichica.
Ma forse c’è un aspetto che è stato sottovalutato: la percezione del colore e le implicazioni nella scelta dei cibi. Una visione già ampiamente approfondita nel marketing e nel packaging degli alimenti ma meno nelle implicazioni emotive.
È passato quasi un secolo dalla pubblicazione delle conferenze di Rudolf Steiner sulla teoria dei colori, la sua ricerca ha trovato sbocchi ed evoluzioni quasi esclusivamente nella pedagogia, molto meno in altre discipline.
Certo, il colore predispone o meno il consumo di un alimento fornendoci informazioni sulla sua qualità e freschezza. È provato scientificamente che il nostro cervello associa al colore dei cibi sensazioni positive o negative secondo un “pregresso mentale” che ci lega a sensazioni gradevoli o spiacevoli vissute nel passato; quando un alimento si presenta di un colore diverso da quello a cui siamo abituati subito veniamo investiti da una sensazione di diffidenza e talvolta di disgusto. Il colore, quindi, diventa segnale di pericolo e ci fornisce indicazioni primarie sul cibo: se un frutto è verde è acerbo, se ha un bel colore è maturo e se tende al marrone è marcio. Prima ancora di assaggiarlo abbiamo già una chiara idea del gusto che avrà, aspro, dolce o acido, come se vista e gusto si fossero associati a creare una sensazione unica.
Ma se provassimo ad applicare l’essenza del colore alla cucina? Non solo trattando il colore come un gusto, ma soprattutto come un’emozione?