Quel molino a pietra di Pogliola

Ernesto Billò | Unione Monregalese 2015

In un libro di Mario Calabresi la storia d’un giovane che “non ha avuto paura di diventare grande”
Quando il futuro è nella tradizione

C’è un mulino a Pogliola, non lontano dai resti dell’antico monastero femminile, che con la sua grande ruota e un’insegna ridipinta di fresco attira lo sguardo di chi sfreccia (si fa per dire) sulla strada Mondovì-Cuneo. “Molino Bongiovanni, farine e bontà naturali” dice la scritta che ha richiamato anche l’attenzione di Mario Calabresi, direttore de “La Stampa”, invitandolo a fermarsi e ad incontrare più volte il titolare dell’impresa: “Un ragazzo magrissimo, timido, con i jeans, le scarpe da tennis, una maglietta blu, un po’ di barba, pochi capelli e una collana tibetana al collo”. È Aldo Bongiovanni, quel giovane ricco di intuizioni e di spirito d’iniziativa che ha saputo rilanciare con modernità di vedute un’attività che sembrava languente e superata. Ed è un esempio che Calabresi ha voluto proporre in un capitolo del suo più recente libro di “storie di ragazzi che non hanno avuto paura di diventare grandi”. Un ragazzo intraprendente – Il libro è nato da incontri del direttore in varie Scuole piemontesi, a contatto con dubbi, timori, scoraggiamenti giovanili di fronte al non facile futuro. Studiare ciò che piace e appassiona o ciò che offre qualche garanzia d’impiego e di guadagno? Domande a cui Calabresi è solito rispondere che coltivare sogni è ancora il miglior motore dell’esistenza, salvo sentirsi obiettare da ragazzi scoraggiati che le condizioni esterne sono più forti di qualunque sogno e di qualunque volontà, e che l’unica strada è la fuga da questa Italia, perché “siamo nati nel tempo sbagliato”. Per questo è nato il libro: per contrapporre esempi positivi trovati in giovani che in vario modo hanno reagito alla sfiducia e possono dire ai coetanei e a tutti: “Non temete, la nostra vita sarà meravigliosa”. È questa la frase che scrissero i suoi zii Gigi e Mirella dall’Ospedale africano dove andarono giovanissimi sposi, ad avviare un reparto maternità in anni di duro ma gioioso lavoro. E la fiducia e l’intraprendenza sono la molla che dà la carica a giovani vite, che aiuta a guardarsi intorno, a spingersi lontano nel mondo, o a scorgere o rinverdire vicino a noi opportunità prima dimenticate, a far girare ancora la ruota del molino e del progresso. È appunto ciò che ha saputo fare a Pogliola il giovane Aldo, come riferisce con ammirazione il noto giornalista, ancor giovane pure lui (è del 1970), figlio di quel commissario Calabresi ucciso dai brigatisti. Almeno dal 1880 gira la ruota del mulino di Pogliola. Michele Bongiovanni l’acquistò nel 1936 e nel 1952 l’ammodernò sostituendo le macine a pietra con un impianto a cilindri. Ma la concorrenza dei grandi mulini industriali, “capaci di fare la farina sempre identica” divenne presto insostenibile. La farina di grano tenero sembrava non incontrare più; i clienti si diradavano. Che fare? Trasformarsi? Chiudere? Per il giovane Aldo si profilava un futuro da garzone gommista? A soli 19 anni Aldo, che pure si era fermato alla terza Media, seppe invece vedere dove gli altri non vedevano, e inventarsi un futuro recuperando una tradizione. Come? Tornando a macinare a pietra ascoltando i consigli di un cugino (“Se ti metti a macinare all’anticai cereali biologici poi tenere tutto in piedi”). Il padre all’inizio scrollò il capo, infine dovette dargli ragione; la mamma lo incoraggiò e lo aiutò. E lui partì davvero con grano e mais biologici macinati a pietra e venduti in giro di persona in piccoli sacchetti per erboristerie, panetterie, mercatini, ma aggiungendo di volta in volta offerte nuove: vecchie varietà di cereali, grano saraceno, farro, avena, orzo, miglio, farina di castagne… Poi Internet aprì orizzonti nuovi, un più grande mercato virtuale. Aldo prese a indagare su Facebook i gusti e le attese dei vegetariani, dei vegani, dei celiaci, di quanti praticano diete. Tante e varie le richieste a cui fornire risposte adeguate a prezzi ragionevoli. Il segreto? Innovare continuamente, non pensare mai di avercela fatta, alzarsi presto la mattina. Risultato: “Ai tempi di mio padre – dice Aldo a Calabresi – eravamo in quattro, poi in due; ma grazie alle macine della tradizione e alle novità di Internet siamo tornati a crescere: dieci, poi dodici, a tempo indeterminato, costruendo insieme il futuro, non vivendo alla giornata”. E per l’immediato futuro, accanto al vecchio mulino, ne sta crescendo un altro per macinare prodotti senza glutine. Passione, curiosità, capacità di divertirsi: queste le forze che hanno permesso a un ragazzo fermatosi alla terza Media di ridare vita a un’attività che sembrava morta. “La crisi c’è, ma niente pessimismo – è la sua conclusione – Bisogna investire, inventare, studiare, fare ricerca, leggere, scoprire e immaginare”. E la speranza è che con simili esempi e con simile determinazione riprenda fiduciosamente a girare non solo la ruota del mulino di Pogliola, ma quella del Paese.

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Rea CN 111928 | cap. soc. 50.000 € i.v.
p.iva 00602720047

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